Cinema

The heartbeat of life. Un film di Giuseppe Malpasso

Tre voci, mille emozioni

Riflessioni di Serafina Micalizzi

Una “visione” distratta – com’è di moda – liquiderebbe il film con un semplice aggettivo qualificativo “bello” o “interessante”.

Una visione allenata a guardare con gli occhi del cuore dice altro.

Il film “The heartbeat of life”, del regista Giuseppe Malpasso, affiancato da due talentuosi artisti protagonisti – Francesco Amara e Peppe Di Mauro – è una guida per cercare la bellezza nella semplicità, un insegnamento per vivere la vita seguendo il ritmo del cuore, un monito per non cadere nella trappola insidiosa del dolore, un’esortazione a liberare l’amore dalle catene dell’egoismo, un invito ad avvalersi del talento per diffondere il bene e il benessere nel mondo.

In questo film, che è stato girato tra Lentini e Floridia, due cittadine della provincia siracusana, le voci protagoniste sono tre. Due parlano utilizzando voci e suoni (Francesco e Peppe), la terza (Giuseppe) usa le immagini e la simbologia per creare un clima ideale a scatenare nello spettatore le emozioni, positive però.

Nel film, ogni scatto è un racconto, ogni personaggio incarna una dimensione di vita, uniti compongono un concerto di mille emozioni per diffondere nell’aria una magica armonia.

La visione iniziale offre allo spettatore qualcosa di inconsueto al giorno d’oggi.

Una bucolica scena fa rivivere mondi consegnati all’oblio per negligenza. Siamo a Lentini che deve aprire i libri di storia per ricordare il suo glorioso passato.

Forse da oggi, dopo la visione di questo film, non ne avrà più bisogno. 

Francesco Amara, il costruttore di tamburi, Peppe Di Mauro, il musicista, Giuseppe Malpasso, il regista, lo aiuteranno a risentire il battito del cuore per svegliare dal torpore la sua mente bloccata nella ricerca della felicità tra le cose effimere della vita.

Proiettato in mezzo alla natura, tra suoni ancestrali (tamburo) e moderni (il motore di un’automobile e un treno in corsa) lo spettatore ricorderà tutto: gli insegnamenti della nonna, quelli ricevuti a scuola, persino i sogni che, tempo fa, aveva rinchiuso nel cassetto, etichettandoli come irrealizzabili.

Presto, e subito dopo la visione di questo film, osservando la quiete interiore e la passione che illumina il volto di Francesco, seguirà il suo esempio. 

Cercherà, nel cassetto dei ricordi, quello adatto che gli permetterà di cucirsi addosso uno “stile di vita tutto suo”, come ha fatto Francesco. 

Poi, sempre copiando Francesco, lo farà volare, viaggiare.

Questo sarà un momento di grande magia che regalerà a se stesso e una lezione di vita per tutti.

Francesco, dopo aver accettato e trasfigurato il dolore, un giorno comprende che è sbagliato il suo modo d’amare. 

il regista Giuseppe Malpasso
il regista Giuseppe Malpasso

Non può (e non deve) trattenere le sue “creature”. 

Vendendo i tamburi, libera il suo modo d’amare dall’egoismo. 

Diventa così un papà modello che ama i suoi figli, senza soffocarli.

Un cambio di scena presenta Peppe, un altro importante protagonista.

Anche lui parla d’amore. 

Ricorda la sua infanzia, l’attimo preciso quando cominciò ad amare il suono del tamburo, e l’artefice di questo innamoramento: sua nonna.

Nel descrivere questo incontro, pone la figura della nonna al centro della sua vita senza lasciarsi soffocare e nemmeno dal passato. 

Innova e si rinnova. 

Vive la vita al ritmo del presente. Qui, scorre la vita senza i limiti imposti dal tempo. 

Se Francesco sottolinea il valore della libertà, Peppe educa a non rimanere bloccati nel passato. 

Per lui, insegnare ai bambini è un dovere e non solo un piacere, oggi, soprattutto, diseducati all’ascolto di qualsiasi cosa che non sia un chattare virtuale, protetti da uno schermo.  

Chi esalta il talento degli altri, chi ha dato risposta alla straziata “anima del mondo”, chi indica agli uomini il modo più veloce per “ritornare” alle radici e dare un senso alla vita, è Giuseppe. 

Gli occhi del cuore vedono, nella scrittura per immagini, i messaggi subliminali che sono stati “caricati” ad hoc per provocare emozioni, il modo più efficace per costringere la mente ad aprire il cassetto della memoria e ricordare ancestrali e incancellabili suoni. 

Suggestiva è l’apertura del film che s’allunga sulla campagna. La ripresa è stata effettuata dall’alto non solo per ovvi motivi tecnici. La sua trasfigurazione può essere letta come l’invito a cambiare prospettiva di vita.  

Geniale è la scelta di accompagnare in automobile Francesco nel suo “laboratorio”. Giuseppe dice così che il passato può convivere con il presente.

Commovente è il primo piano di Francesco che trattiene le lacrime per pudore.

Travolgente è presentare la musica e il musicista sullo sfondo di un tramonto. 

La vita è magia. La magia è vivere.

Confortante è vedere il coinvolgimento dei bambini amorevolmente attivato da Peppe.

Infine, Giuseppe nel proporre il treno che corre da destra (il passato) a sinistra (il futuro) ci avverte che la passione è dentro ogni uomo che si mette in viaggio. 

Per raggiungere l’autocoscienza (qui simboleggiata dal treno) occorre stare in mezzo alla natura, custode gelosa dei misteri del mondo, degli uomini, dell’universo.

In un mondo che celebra la finzione, mostrare la natura con naturalezza è un atto coraggioso.

Il film/documentario dura solo 14 minuti. Sono pochi ma sufficienti per imparare ad amare se stessi, gli altri, la natura vegetale e animale, senza ossessioni di alcun genere.

Serafina Micalizzi